Chi comanda in Europa? Non c’è dubbio che nel passato il motore della integrazione europea è stato l’asse franco tedesco, sovente con il contributo importante dell’Italia. Nel pantheon dei costruttori europei troviamo non a caso Kohl e Mitterand, Colombo, Delors, Monnet e Spinelli, e nei tempi più recenti la Merkel, Macron e Draghi.
Ma oggi il panorama geopolitico della Unione Europea è profondamente mutato. Le leadership di Francia e Germania sono obiettivamente più deboli anche a causa delle situazioni interne ai rispettivi Paesi. Il Cancelliere Sholz appare politicamente infiacchito dallo scarso gradimento da parte della opinione pubblica rispetto alla coalizione che guida.
E Macron ha da poco dovuto cambiare il primo ministro ed è bersagliato dalle insidie della sinistra e della destra Lepeniana. In Italia è difficile immaginare che la Premier Meloni possa assurgere ad un ruolo di avanguardia in sede europea per la storica cultura scettica per usare un eufemismo sia perché la sua idea di Europa è al più una idea intergovernativa, non già comunitaria.
E poi la Presidente del Consiglio italiana è insidiata reiteratamente dall’aperto antieuropeismo di Salvini che lei fronteggia, come è avvenuto sul MES, occupando il medesimo spazio, non lasciando al leader leghista il monopolio dell’anti-brussels.
D’altra parte in Spagna e Portogallo i due leader socialisti Sanchez e Costa , sia pure in situazioni e per ragioni diverse , sono alle prese con criticità politiche non trascurabili.
E dall’Est europeo arrivano segnali non univoci: la vittoria di Tusk in Polonia segna indubbiamente un punto a favore delle posizioni pro europee, ma il blocco non è unito in primis per la presenza invasiva e aggressiva del premier ungherese Orban che ha posto in discussione persino la continuità degli aiuti europei alla Ucraina.
In questo quadro di movimento ha assestato una spinta poderosa la decisione dell’attuale presidente del Consiglio Europeo, Michel, di candidarsi alle prossime elezioni europee, che aprirebbe le porte all’assunzione del suo ruolo da parte dello stesso Orban, sia pure per un periodo transitorio finì alle elezione del nuovo Presidente.
Può questa situazione sfilacciata dei leader di Governo portare ad un ulteriore indebolimento della UE dopo le elezioni? Può essere! Ma la riduzione del peso e del comando intergovernativo può anche portare ad un rilancio della dimensione federale che significa in sostanza che un Parlamento Europeo popolato da energie autorevoli e determinate, una Commissione Europea che rafforza il suo ruolo di proposta e di ricerca delle intese tra Parlamento e Consiglio, sulla scia della esperienza di Delors e della stessa positiva azione della Von Der Leyen, possono diventare i motori comunitari della integrazione. Questo è, naturalmente, il mio auspicio.